
“Sii te stesso, ma cerca di essere la versione migliore della persona che sei”🖋
Eva Mozes racconta di quando aveva dieci anni e mano nella mano con la sua gemella Miriam si ritrova a varcare il cancello del campo di concentramento ad Auschwitz.
La lettura è intervallata da una serie di foto che ci fanno fare un ulteriore passo nella vita di Eva e della sua famiglia, famiglia che una volta varcato quel maledetto cancello non vedrà mai più.“Occorre perdonare anche il peggior nemico e chiunque ci abbia fatto del male, perché questo cura le ferite dell’anima e rende di nuovo liberi “
Per quanti libri sull’Olocausto possa leggere non riesco a rendere la mia pelle impermeabile a tanto orrore, c’è sempre una nuova angolazione dalla quale guardare l’accaduto che lo rende sempre più agghiacciante.
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Questa volta gli occhi attraverso cui ho visto la storia, sono quelli di una bambina, degli occhi innocenti che hanno visto strappare via ingiustamente la mamma, il papà, le sue sorelle, lottando disperatamente per sé stessa e per tutto ciò che le rimane: la sua gemella.
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È una lettura dolorosa, disarmante,che fa guardare in faccia la crudeltà umana, qualcosa di ingiustificabile e terribile, ma la cosa forse più scioccante è che nonostante i prigionieri fossero privati perfino della dignità, e ogni loro giorno fosse un incubo, attraverso Eva si vede la disperazione di chi a tutti i costi vuole sopravvivere.
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La parte del libro che ha sciolto tutte le mie lacrime è stata la missione di Eva, ormai adulta, scampata al campo di concentramento che decide di far conoscere a tutti la sua storia per elaborare la rabbia che si porta dentro, e il suo percorso la porta attraverso il perdono a liberarsi del peso che le ha oscurato il cuore per tutta la vita. Diceva “la rabbia è un seme di guerra. Il perdono è un seme di pace”
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Che donna straordinaria, un faro che ha spauto illuminare una delle pagine più nere dell’umanità.
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