il senso del dolore

” Il Fatto gli aveva insegnato che la fame e l’amore sono all’origine di ogni infamia, in tutte le forme che possono assumere: orgoglio, potere, invidia, gelosia. Sempre e comunque, la fame e l’amore li trovavi in ogni delitto, Una volta semplificato all’estremo, eliminati gli orpelli dell’apparenza: la fame o l’amore, o entrambi, il dolore che generano”


Siamo a Napoli negli anni trenta. Arnaldo Vezzi è un tenore famosissimo e molto amato dal pubblico, tronfio al punto di credere di comandare su tutti, e troppo interessato solo a sé stesso.

Quando il suo corpo senza vita viene ritrovato nel camerino del teatro San Carlo, il commissario Ricciardi si mette sulle tracce del colpevole.

“C’era del dolore: un dolore vecchio ma sempre vivo. Un dolore che era un antico compagno. Solitudine. Intelligenza e una vena d’ironia, di sarcasmo”

Il senso del dolore è quello che tormenta l’animo del commissario Ricciardi, quello che indurisce i suoi occhi ma anche che lo conduce alla soluzione delle indagini.
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Cupo e pervaso da un dolore perenne che lo rende malinconico e tremendamente sensibile, per questo più acuto e attento alle sfumature.
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La sua capacità di penetrare nel cuore umano e nelle motivazioni che lo animano è davvero unico.
I personaggi che lo accompagnano, come Maione, non sono certo da meno, i due sono legati da un affetto tacito e profondo.
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Un giallo dal tocco elegante avvincente sino all’ultima pagina; l’ambientazione mi ha fatto innamorare, non solo perché il tutto si svolge nella mia amata Napoli, ma perché quei luoghi che ho la fortuna di vedere ogni giorno, conservano intatto il fascino dell’epoca, e poi ora prendendo anch’io caffè e sfogliatella al Gambrinuns, non posso fare a meno di immaginare il commissario proprio lì a riflettere, con i suoi occhi verdi e impenetrabili.
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Ciliegina sulla torta, il libro si conclude con un’intervista che l’autore fa al suo personaggio protagonista, lascia che il commissario si racconti.
Una conclusione meravigliosa ed emozionante degna del sublime giallo che viviamo anche attraverso gli occhi del commissario, che sono gli unici a vedere l’ultimo grido di dolore della vittima, le sue ultime parole, l’ultimo scampolo di chi si aggrappa alla vita, ma è già andato via.

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