
“Eccola che affiora, non possiamo nasconderla. Abbiamo la stessa radice, io e te”🖋
Celeste e Nadir non sono fratelli e neppure parenti, il loro punto di unione è Pietro, fratello dell’una da parte di padre e dell’altro da parte di madre.
Pietro è più grande di loro di quasi dieci anni, e i due fratelli più piccoli si contendono il suo amore.
A otto anni Celeste scopre così di avere una rara malattia genetica che rende le sue ossa fragili come vetro e questo la legherà alla mamma di Pietro. Ma l’urto più grande della sua vita sarà l’incontro con Nadir, il fratello di suo fratello, che finora per lei era stato solo un perfetto sconosciuto. Tra loro nascerà un legame complicato e indissolubile che influenzerà le loro vite per i venticinque anni successivi.
Era un pezzo di me, non ci potevo fare niente. Anche amputandolo avrei continuato a sentirlo, un arto fatasma che m’avrebbe dato il tormento. Tanto valeva ricominciare da capo, alternative non ce n’erano, maledetto il giorno in cui l’avevo conosciuto
Tuffarsi in questa storia vuol dire essere pronti ad attraversare tantissime emozioni. La penna dell’autrice è riuscita ad irretirmi immediatamente.
Questa storia è densa di sentimenti, ogni personaggio è curato in modo tale da prendere vita da subito nella mente del lettore, a me, personalmente, Celeste, Nadir e Pietro sono rimasti impigliati nel cuore con la stessa prepotenza.
Empatici, così diversi tra loro, eppure legati indissolubilmente.
In queste pagine si racconta amore, un amore però in diverse forme che si rinsalda nel tempo e che si ramifica in vari tipi di rapporti; e nella sua altalena di inferno e paradiso, di dolce e amaro, ci insegna che l’amore è quello che ci regala la libertà di non dover mai essere diversi da ciò che siamo.
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