“Sospiro. Penso al pallore di Jacopo. È vero, ha l’incarnato chiaro ed è stanco dopo i primi mesi di scuola, ma così non l’ho mai visto”
Barbara ha quarantacinque anni ed cardiologoall’ospedale di Caserta. Con il papà di suo figlio Jacopo, dirigente sanitario, ha non ha davvero nulla in comune.
A Jacopo, a soli sei anni, viene diagnosticata una grave malattia che grazie a Silverio, l’ematologo che prende in cura il piccolo, si scoprirà essere un vero e proprio problema sociale: l’avvelenamento ambientale.
Per Barbara inizia un perioo amaro e difficile ma troverà la spalla di Silverio che con semplicità e amore le indicherà il cammino.
“Nemmeno a Dio piace rimanere solo. È insieme che rischiamo di diventare migliori”
Quanto dolore e quanta forza nel cuore della protagonista, spinta da un sentimento insuperabile, quello materno.
La notizia di una malattia arriva sempre con violenza e viene spesso accolta con incredulità, ma se colpisce un figlio due sono le strade: o ci annieta o ci fa fa scoprire di avere una forza che mai avremmo immaginato di possedere.
Barbara lotta, per il suo Jacopo e la sua diventa anche una battaglia sociale, quella per difendere la terra che ama, offesa e avvelenata che ha finito per avvelenare anche il suo piccolo e spezzare la vita tanti altri, una lotta che non può combattere da sola ma nella quale mette tutto il suo coraggio e la sua determinazione.
In un cuore lacerato, in una piccola crepa riesce a piantarsi il seme dell’amore, per Barbara è un nuovo inizio, la presenza di Silverio arriva nel modo più naturale, dolce, si lascia prendere per mano e i suoi occhi si illuminano di speranza.
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