Quel che affidiamo al vento

” Da bambini a felicità la si percepisce come una cosa. Un trenino che spunta da una cesta, la pellicola che avvolge una fetta di torta. O magari anche una fotografia che li ritrae al centro della scena, dove non ci sono occhi che per loro. Da grandi si fa tutto più complicato” ✒️


Yui è una donna di 30 anni, che ha perso figlia e madre a causa dello tsunami. E’ una speaker radiofonica e in una sua trasmissione sente parlare del “telefono del vento” installato sulla collina di Bell Gardia in Giappone. Nella speranza di superare il lutto si reca lì e in una delle sue visite incontra Takeshi, un medico che vive a Tokyo e padre di una bimba di 4 anni, muta dal giorno in cui è morta la madre.
L’uno diventa la salvezza dell’altro perché parlando riescono ad ammettere pian piano la mancanza e cercano il coraggio per affrontarla.

“Era lui che tornava a lei. Era lei che tornava a lui”

Questa storia è ispirata ad un luogo che esiste realmente in Giappone, nella Prefettura di Iwate. Accanto alla città di Otsuchi, una delle più colpite dallo tzunami dell’11 marzo 2011, un uomo installò una cabina telefonica bianca con pannelli in vetro, un quaderno e un telefono nero collegato al nulla. Il telefono ha il compito di trasportare le voci nel vento e migliaia di persone vi si recano in pellegrinaggio ogni anno.
Devo dire che dopo aver letto una prefazione del genere non ho potuto di far a meno di acquistare questo libro. Un romanzo il cui tema principale è la resilienza, la forza costante di andare avanti nonostante le tragedie.
Non esiste un modo per superare un lutto, ma parlare forse rende tutto più semplice. Ci teniamo dentro tante cose non dette, tanti sentimenti nascosti, ma a volte abbiamo bisogno anche semplicemente di raccontare com’è andata la giornata. Il famoso telefono del vento ha salvato e salva tutt’ora tantissime persone. Un modo per non perdere mai il legame con chi non c’è più.
Laura Imai Messina ci fa conoscere questo luogo magico e potente. Vivere un lutto è un percorso lungo e fragile, l’autrice parla in modo unico del superamento di una perdita, con parole dolci e delicate come un soffio di vento. Considero questo libro un piccolo tesoro, e sono sicura che ve ne innamorerete anche voi.

Ovviamente dopo aver letto il libro mi sono incuriosita e cercando su internet mi imbattuta in piccole curiosità che voglio condividere con voi:
-La prima è che in un’intervista rilasciata dall’autrice a radio Deejay , ispirandosi al telefono del vento, hanno messo a disposizione un numero di telefono al quale, nella notte tra il 30 e il 31 gennaio 2020 molte persone hanno avuto la possibilità di mandare messaggi vocali a chi non c’è più.
sul sito della radio troverete anche il Podcast.
-Anche in Italia c’è un telefono che trasporta le voci nel vento: è al Rifugio Pratorotondo, sul Monte Beigua, a 1100 metri sul livello del mare.
-Uscirà un film ispirato a questo luogo magico intitolato ““The Phone of the Wind”, diretto da Nobuhiro Suwa, e spero tanto che arrivi anche qui in Italia.
Comunque su internet ne troverete tante di queste storie e soprattutto documentari interessanti. Non mancano inoltre pareri di psicologi che spiegano quanto un luogo del genere può essere utile per le persone.

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3 commenti su “Quel che affidiamo al vento”

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