
“Voi i cattivi, noi i buoni. Tutto chiaro e decifrabile. Però poi c’erano – ne aveva incontrati tanti – spacciatoro intelligenti; rapinatori simpatici; assassini capaci di inattesi e gratuiti gesti di umanità. Loro complicavano le cose, rendevano meno facili le classificazioni”🖋
La vicenda narrata si sviluppa tra maggio e luglio del 1992, periodo segnato dalla tragica morte dei giudici Falcone e Borsellino. A questo evento di cronaca nera, Carofiglio intreccia l’indagine sul sequestro di un bambino, figlio di un malavitoso pugliese; a capo delle indagini il maresciallo Pietro Fenoglio.
“Il confine che separa i matti dai normali ci sembra netto, consistente, difficile da valicare. Invece è sottilissimo e in alcuni punti – in alcuni momenti- sfuma senza che ce ne accorgiamo. Ci ritroviamo nel territorio dei pazzi senza capire com’è siccesso – e del resto i pazzi lo sanno di essere da quelle parti?”
Il racconto è uno spaccato di malavita, un vero pugno stomaco, molto dura anche emotivamente l’indagine da svolgere perché riguarda un bambino, vittima innocente della criminalità, di gente senza scrupoli che sposa l’idea della violenza e il sopruso entrando a far parte della fittissima ragnatela della criminalità organizzata.
I colpi di scena sono tanti ma forse la parte che mi ha scioccato maggiormente è stata la confessione di un collaboratore di giustizia che ci mette di fronte alla brutalità di un male inconcepibile.
Il protagonista, il maresciallo Fenoglio, è una figura di estremo fascino; un uomo complicato, schivo, molto tormentato, un animo dal quale traspaiono consapevolezza e debolezze, profondamente umano; insomma l’ho amato tantissimo.
Lo svolgimento è ricco di eventi che tengono calamitati alle pagine, nonostante il difficile ruolo delle forze dell’ordine nella spietata lotta alle angherie e all’ingiustizia che spesso restituisce un senso di profonda frustrazione.
Il messaggio che lascia, nonostante tutto, è di coraggio e speranza.
Carofiglio è una garanzia. Libro imperdibile.
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