Le madri non dormono mai

” Tieni la libertà, dottore’, e non è poca cosa.- Già, hai ragione, Tengo la libertà, ma per molti la libertà e la facoltà di scegliere le proprie schiavitù”


Sapete cos’è un Icam? Io non ne avevo mai sentito parlare, prima di leggerle questo libro.
Si tratta di un centro di detenzione attenuata, nelle quali madri con figli piccoli scontano le pene per reati commessi, tenendoli con sé perché fuori non saprebbero con chi stare.
Ed e proprio in un centro ad Avellino che viene ambientata la storia di Miriam, condannata per aver protetto il marito, ora in carcere, nascondendo armi.
Viene incarcerata con suo figlio Diego, che viene strappato alle strade di una Napoli violenta per iniziare una nuova vita all’interno del carcere.
Diego, un’anima troppo fragile per il contesto brutale nel quale è cresciuto, al punto che una cella ai suoi occhi diventa quasi una vera e propria casa.

” Dopo tanta prigionia s’arriva ad aver paura più d’esser liberi che incatenati”

Non ditemi che sono di parte perché adoro Lorenzo Marone, la sua capacità camaleontica di passare, nei vari romanzi, da un personaggio all’altro mi ha sempre stupita.
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Questa volta però c’è di più, il viaggio lo viviamo entrando e uscendo dalle vite complicate, straziate e, a volte senza scampo, delle detenute, dei loro figli e di chi ruota attorno a loro, ma lo facciamo camminandogli sul cuore, in modo introspettivo, soffermandoci su ogni ferita e sussurro dell’anima, imparando così quanto a volte siamo tutti vittime e anche carnefici.
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Sono tanti gli spunti di riflessione che suscita la lettura, prima di tutto quanto la nascita in un determinato contesto sia un caso e spesso una condanna, quanto la dimostrazione di forza sia spesso solo debolezza o paura di esclusione, e soprattutto il concetto principe di libertà, quella della quale non è soltanto privo chi è dentro una cella, ma chi resta spesso intrappolato in situazioni dolorose e per salvarsi deve trovare il coraggio di venirne fuori.
La libertà spesso è solo l’abbattimento delle barriere che talvolta noi stessi ci costruiamo intorno.
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Ad emozionarmi è stato anche il messaggio di solidarietà, perché alla fine per quanto si possa essere schivi e diffidenti, stare da soli fa paura, è può diventare la più grande condanna.
Un romanzo corale intriso di nostalgia e di un dolore che penetra lento e insidioso nell’anima di chi lo legge. Come sempre, una penna superlativa.

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