“Di diverso c’è forse solo la menomazione che l’ha resa più attenta a sé e agli altri, tanto da riuscire talvolta a carpire i pensieri di chi le sta accanto”✒
Romanzo storico ambientato in Sicilia a metà del 1700. Marianna è la figlia del duca Signoretto Ucrìa, una bimba sordomuta che alla tenera età di sette anni viene condotta dal padre ad assistere all’impiccagione di un prigioniero, nella speranza che un trauma così grande possa ridarle la voce e l’udito.
Tentativo vano, servirà seguire tutta la vita di Marianna per capire fino in fondo la sua persona e la sua storia.
La bimba segue nello specchio il padre che, chino, si aggiusta le calze bianche sui polpacci. La bocca è in movimento ma il suono delle parole non la raggiunge, si perde prima di arrivare alle sue orecchie quasi che la distanza visibile che li separa fosse solo un inciampo dell’occhio
Inizio brutale, veloce e pieno di immagini che si susseguono agli occhi di chi legge come un film; subito dopo però il ritmo cambia, il linguaggio è diventato più complicato da seguire, molto riflessivo, descrittivo, per il mio temperamento è stato un po’difficile tenere sempre l’attenzione vigile.
Chiusa, suo malgrado, in un mondo schermato dalla vita che scorre intorno, la protagonista riesce a leggere la mente altrui, così gli altri inondano la sua mente investendola con i lori pensieri.
La scrittura è perfetta per calarsi nel corpo di una sordomuta, pensieri che si affastellano nella mente di Marianna e parole che fanno eco nella sua testa, restando intrappolate; un racconto che procede per sensazioni e suoni mancati.
Una vita complicata, lunga, intensa e coraggiosa, soprattutto tenendo conto del periodo storico e della menomazione con cui la protagonista si è trovata a fare i conti.
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