“Poco importa: la vita scorre come un respiro. E dentro ci lascia la nostalgia per ciò che avremmo potuto fare e la consapevolezza di ciò che siamo diventate”?
E’ domenica e Sergio e Giovanna aspettano due coppie di amici a pranzo, quando improvvisamente suona alla loro porta un’anziana donna che dice loro di aver abitato in quella casa cinquant’anni prima, e desidera rivederla un’ultima volta. La signora Elsa arriva da Istanbul e nella sua borsa ci sono tante lettere che non sono state mai lette, le sono state tutte rispedite.
Elsa è la sorella di Adele, la signora che ha venduto pochi anni prima la casa a Sergio e Giovanna.
Sai una cosa? In fondo anche l’amore è un delitto perfetto: a volte ti uccide, altre ti rende più forte, ma in ogni caso rappresenta l’alibi ideale per ogni tua follia
Di Ozpetek ho visto due film che mi sono piaciuti tantissimo ed uno per niente, con curiosità ho iniziato questo libro e l’ho amato da subito.
A narrare in terza persona c’è un sapiente regista che punta l’occhio di bue a turno sui personaggi; il tutto si svolge in una domenica raccolti attorno ad una donna che racconta una storia, o meglio un segreto inconfessabile, di un lontano passato.
Il racconto è una continua altalena tra presente e passato, ci accomodiamo anche noi a casa di Sergio e Giovanna ad ascoltare la storia di Adele, ma a noi lettori viene concesso il privilegio di leggere contemporaneamente anche le lettere di Elsa, la sorella di Adele, il cui contenuto resta sconosciuto ai personaggi della storia, un momento di complicità tra noi e l’autore.
Un intreccio di intesa, amicizie, amori, rancori, amarezze e segreti che riverberano nell’arco di cinquant’anni e che colpiscono uno alla volta i personaggi, costringendoli a riflettere sul loro presente; Ozpetek li mette in luce e in ombra mostrandoci quanto la verità sia solo relativa a ciò che conosciamo e a ciò che decidiamo di vedere, coinvolgendoci in una storia di bugie e apparenze che aleggiano sempre tra noi, sotto il nostro naso.
La domanda che ci spinge a porci è: per preservare la nostra felicità, anche se solo apparente, siamo disposti a fingere perché è più comodo e meno doloroso? Oppure possiamo trovare il coraggio di aprire gli occhi e la forza di cambiare il corso della nostra vita?
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