“Adriana ha legato la sua creatura a una storia di disgrazie e miracoli, morti e sopravvivenze: la storia disadorna della nostra famiglia”?
Adriana è ormai una donna quando si presenta alla porta della sorella con un bambino tra le braccia. Come sempre irruenta e di poche parole, dopo un rapporto intermittente ma mai spezzato, lascia intuire che ha bisogno di aiuto.
Con mia sorella ho spartito l’eredità di parole non dette, gesti omessi, cure negate. E rare e improvvise attenzioni. Siamo state figlie di nessuna madre. Siamo ancora, come sempre, due scappate di casa
Per chi ha amato “l’arminuta” è inevitabile lasciarsi sedurre da borgo sud. Lasciamo le due sorelle protagoniste della storia bimbe per ritrovarle adulte; pian piano l’autrice fa luce sul passato, un pezzetto alla volta costruisce la strada fino al presente.
Un cammino difficile, insidioso, che tiene le due donne unite proprio perché sole, cresciute in un famiglia disfunzionale della quale portano addosso ancora il peso, tirate su da un amore materno troppo poco evoluto, ignorante, grezzo, brutale, elargito da una donna che in modo quasi primitivo, a suo modo ha cercato di dare il meglio, restando in piedi di fronte alla vita che le ha inferto più di un colpo.
Una storia ancora una volta amara. Chissà, forse avrei preferito solo immaginare il loro futuro, magari sognando una possibilità di riscatto, invece sembra che il destino le abbia intrappolate in una morsa feroce, e che una forza superiore continui ad inabissarle.
Un racconto intenso, di forza nonostante tutto e amore nonostante le diversità, fatto di parole affilate e taglienti.
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