
“E’ una strana sensazione vagamente dolce, quando aderisci all’immagine che ti danno gli altri: come un dolore che sta passando sotto l’effetto di un farmaco. Ti arrendi ad essere un po’ meno di quello che sei✒
Elisabetta è una donna che non ha superato il dolore della sua vedovanza, ed è una docente del carcere di Nisida. Almarina è una ragazza finita in carcere dopo tante crudeltà subite.
Una casa è un posto dove si mangia e si sta caldi e ci allena ad andare per strade sconosciute senza paura dell’altro, portando per se stessi un grande rispetto.
La storia è ambientata a Napoli. In queste pagine la chiusura forzata del carcere fa attrito con l’immensità del mare sul quale si affaccia, un’ immagine dolorosa e di profonda contraddizione quella di guardare attraverso le sbarre il mare che restituisce un’idea di libertà.
Pagine intense, anche se la scrittura è stata a mio avviso ostica, visto che si tratta di un flusso di coscienza ininterrotto, dal quale emerge la storia di due anime fragili, due destini dolorosi che hanno segnato il loro cammino.
Donne che si avvicinano a causa di stralci di vita condivisi; una storia di speranza e di forza.
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